“Eccoti qui, Veggente. Adesso mi appartieni.”
È Farquath il primo a farsi avanti, aggrottando le sopracciglia. “Veggente…? Vega— Di cosa diamine stai parlando? Il Silenzio— sarebbe questa ragazzina?”
“Questa ragazzina, Lionhard, è l’essere più potente in tutto il Polyverso.”
“Ma non dire baggianate!” l’uomo agita le braccia per aria, sconvolto, “Non potrà avere più di tredici anni!”
“L’apparenza, a volte, inganna.”
“Già,” e stavolta è Jeanjul a parlare, mentre nella sua mente i pezzi del puzzle finalmente si incastrano, “Come nel tuo caso, Lord Vega, giusto? Credevamo tutti che stessi conducendoci in una battaglia contro il Silenzio, ma… lo stavi evocando, non è così?”
“Non posso crederci—” esclama Iora, “E i sogni? Chi— tu? Eri tu anche a comandare i nostri sogni?!”
“Tutto ciò non è possibile e quella ragazza non è il Silenzio,” interviene Phireel, aggrottando le sottili sopracciglia bionde, “Io lo so bene. Come forse saprete, la mia famiglia ha una lontana parentela con la stirpe delle Veggenti di Tanit, e quella giovane è una Veggente, Vega ha ragione. Il Silenzio è una creatura ben differente.”
“Ma stai zitta, tu!” sbotta Jeanjul, gesticolando animatamente, “Sei stata inutile fino ad ora, e adesso improvvisamente ti svegli e dispensi pillole di saggezza! Dov’era tutta questa conoscenza quando sarebbe stata utile, due o tre settimane fa?!”
“Tacete! Tutti quanti!” Vega ruggisce, alzandosi in piedi. La ragazza resta sempre priva di conoscenza tra le sue braccia. “Non avete idea di ciò di cui state parlando! Delle ragioni per cui ho agito come ho agito! Se non fosse stato necessario, non l’avrei fatto!”
“E allora spiega!” ribatte Iora, “Rendici partecipi!”
“Non capireste in ogni caso!”
“E dunque dovremmo fidarci e basta? Di un uomo che non ha fatto che ingannarci e manipolarci? Di un uomo che ha funestato le nostre notti con incubi terrificanti pur di ottenere ciò che voleva?! Decine di cittadini in tutto il regno si sono ammazzati a causa di quegli incubi, Vega! E a causa delle allucinazioni ancora più terrificanti causate dall’insonnia prolungata! Come fai a guardarti allo specchio?!”
“Ho fatto ciò che era necessario, e lo rifarei altre mille volte!”
“Cosa…?”
Tutti i presenti si voltano verso la flebile voce alle loro spalle. Ambrose è in piedi sulla soglia, gli occhi spalancati, carichi di orrore, sulla figura di Vega. Lo guarda come se non lo riconoscesse nemmeno. Eppure, fino a poche ore prima erano così vicini da potersi respirare a vicenda sulle labbra.
“…Babyrose—”
“No.” Il ragazzo indietreggia, scuotendo il capo, “Tu? C’eri tu dietro a tutto questo? C’eri tu fin dall’inizio?”
“Lasciami spiegare—”
“Mi hai mentito!”
“L’ho fatto solo perché ho dovuto!”
“Non ti credo! Non potrò mai più crederti! Io— Io dovrei— dovrei chiamare le guardie, farti arrestare!”
“Oppure dovresti smetterla di lagnarti come un bambino, cretinetto,” una voce sibilante si diffonde incorporea per la sala del trono, mentre una nebbia lattiginosa si solleva dal pavimento marmoreo.
“C—Cosa?!”
“Cretinetto,” la voce insiste, mentre la nebbia sembra addensarsi. E lo fa intorno alla sua persona.
“No—” Vega spalanca gli occhi, terrorizzato, e si china per appoggiare la Veggente sul pavimento, “No! Stai lontano da lui!”
“Ah!” trilla Phireel, “Eccolo.”
“Eccolo chi?!” sbotta Jeanjul.
Phireel sbatte le pallide ciglia bionde, confusa. “Il Silenzio,” dice.
Appena il tempo di pronunciare la parola, e la nebbia si avvolge attorno al corpo di Ambrose, imprigionandolo senza scampo. Il ragazzo lancia un urlo impaurito, Vega si slancia verso di lui, ma quando lo raggiunge cade in ginocchio sul pavimento ormai vuoto. La nebbia è sparita, e con lei anche Ambrose.
“No… no… no!” l’uomo urla, sbattendo entrambi i pugni contro il pavimento, “Non era così che doveva andare!” Si volta, avventandosi sul piccolo corpo inerme della Veggente con la furia di una bestia ferita, “Tu— Tu dovevi aiutarmi! Dovevi aiutarmi a proteggerlo!”
Ed è in quel momento che la giovane, finalmente, si sveglia. Dai suoi occhi si sprigiona immediatamente un fascio di luce violento, che acceca Vega, spingendolo contro la parete alle sue spalle. L’onda d’urto è talmente potente che anche il corpo della ragazzina viene spinto nella direzione opposta, e i presenti la osservano sollevarsi sulle gambette snelle, mugolando di dolore mentre si massaggia la testa.
“Accidenti… ho fatto casino un’altra volta…?” La ragazza si guarda intorno, sbattendo stupita le palpebre. “Ma— chi siete voi? Dov’è Lachlan?”
Iora esita, confusa quanto la ragazzina. “Chi sarebbe Lachlan?”
“Mio cugino,” poi ci ripensa, “Cioè— bis-cugino, ma lo chiamo cugino perché abbiamo quasi la stessa età, e poi bis-cugino è una parola astrusa, non mi piace. Dov’è?”
Farquath esita anche lui. “Non qui?” tenta.
“Tu— devi aiutarmi,” Vega si alza in piedi, stordito, e corre verso di lei, “Devi aiutarmi a ritrovarlo”!
“Whoa, whoa, whoa!” la ragazzina indietreggia, mettendosi in posa da combattimento, “Stammi lontano! Tu non mi piaci! La magia protettiva del mio papà si è attivata quando ho aperto gli occhi, quindi devi essere pericoloso. Sciò!”
“Aspetta, aspetta, aspetta…” Jeanjul si pinza la radice del naso, cercando di dissipare la confusione che impera sovrana nella stanza, “Torniamo indietro. Ripartiamo dall’inizio. Ragazzina— esattamente, tu chi sei?!”
Fischiettando un motivetto gioioso, Calico attraversa baldanzoso i corridoi del Palazzo d’Estate. È stata una splendida giornata, molto proficua. Il Parlamento ha legiferato su ben più di una questione rimasta in sospeso per fin troppo tempo, e per una volta Calico può dirsi completamente soddisfatto del proprio lavoro.
È con spirito festoso che avanza, tutto soddisfatto anche della sorpresa che ha preparato per la sua famiglia. Sono stati mesi di intenso lavoro, sia per lui che per Eudora: si meritano entrambi una vacanza. Se la meritano, anzi, tutti e tre.
Si ferma però, in mezzo all’ennesimo corridoio, quando vede Lachlan, sorriso smagliante e posa da figo, tutto intento a flirtare con un membro dello staff. “Lachlan?” lo apostrofa severamente, “Sei veramente il ritratto dei tuoi genitori— e non è un complimento.”
“Oi, zio Ca—” si interrompe quando il giovanotto con cui ci stava provando si dilegua dietro un angolo, “No, ehi— no! Zio! L’hai fatto scappare!”
“Immagino quanto la cosa debba distruggerti emotivamente. Come si chiamava?”
“Che ne so?”
“Appunto.” Calico sospira profondamente, prendendo mentalmente nota di lamentarsi copiosamente con Fabian e Meridian della loro progenie. “Piuttosto, dov’è Flare? Non dovevate essere insieme?”
“Si è addormentata esausta mezz’ora fa, mi annoiavo e quindi l’ho lasciata lì a riposare. Ne aveva bisogno, la fate studiare troppo.”
“Forse, ma se voglio contrastare in qualche modo il contagio della tua asinitudine devo fare ciò che è necessario. Ora piantala di infestare questi corridoi e vai a studiare.” E si allontana prima che il ragazzino possa ribattere, diretto verso le stanze della figlia.
Bussa un paio di volte alla porta rosa che ha dipinto a mano ormai tredici giroluna fa. Non udendo alcuna risposta, però, col cuore inspiegabilmente in gola spalanca la porta.
Il letto è vuoto.
Nessuno sulla poltrona di fronte alla scrivania di cristallo, sulla quale giacciono abbandonati i libri di studio, le pagine sfogliate pigramente dal vento che filtra dalla finestra semi-aperta.
“Flare…?” chiama piano.
Ma gli risponde solo il silenzio.
FINE DELLA QUATTORDICESIMA EDIZIONE
La storia di Flare continua nel 2026!
[epilogo a seguire]